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lunedì 21 settembre 2015

Cosa succede quando la torta entra nel forno e come si può sapere quando è cotta? - What happens to the batter when cakes enter the oven and how can you tell when a cake is baked?

sto leggendo questo libro:
Baking problems solved
Stanley Cauvain and Linda Young

Io lo trovo interessante, vediamo se la pensate come me.
Vi metto il paragrafo (da me tradotto in italiano, ma anche la versione originale):

Che cosa succede all’impasto della torta quando entra nel forno e come si può sapere quando la torta è cotta? 
Convertire una impasto in un prodotto finale con le caratteristiche desiderate è un risultato che si ottiene impostando sia la temperatura che tempi corretti durante la cottura. 
La struttura a 'schiuma' (cellule discrete) dell’impasto viene convertita in una struttura a 'spugna' (cellule interconnesse) nel prodotto cotto. 
La cottura è un processo di guadagno di energia termica e perdita di umidità. Anche prima che la torta entri nel forno, la condizione del forno è importante. 
Qualsiasi accumulo di 'flash' dovrebbero essere attenuati in modo che la torta riceva una cottura sempre uguale. 
Una volta che la torta è nel forno, il calore inizia a sciogliere i grassi. Questo si verifica dapprima al di fuori della torta e si estende progressivamente alle parti interne.
Allo stesso tempo le cellule d'aria inizieranno ad espandersi e, se sono presenti agenti lievitanti, il biossido di carbonio verrà rilasciato per gonfiare le cellule. Questo inizierà lentamente in un primo momento dall’esterno e gradualmente si estenderà verso l'interno dell’impasto. 
La temperatura della torta continua a crescere e alcune delle cellule di amido vengono gelatinizzate mentre la torta è ancora nello stato liquido.
La torta continua a lievitare fino a quando non viene fissata la struttura dalla gelatinizzazione dell’amido e l'esterno della torta si colora per dare una torta dalle dimensioni e aspetto richiesto.
La continua espansione delle cellule per la gelatinizzazione dell'amido induce le cellule dell’impasto con struttura a ‘schiuma’ ad arrivare al punto di rottura e a formare le cellule interconnesse della struttura finale.
Se le torte sono piccole e il forno è bollente, si forma velocemente una crosticina nella parte superiore e rapidamente si colora in quanto l'umidità in prossimità della superficie viene convertita in vapore, lasciando che la parte zuccherina dell’impasto raggiunga una temperatura in cui gli zuccheri diventano caramello. Anche se questa crosticina si forma rapidamente non avrà la forza sufficiente per prevenire che l'interno della torta si espanda (soprattutto se vi è una percentuale elevata di lievito in polvere). 
La pressione alla fine supera la resistenza della parte superiore. 
La parte superiore è la parte più debole della torta, in quanto i lati e il fondo della torta sono spesso sostenuti dalla latta o dal cerchio. L’impasto si fa strada attraverso la crosticina formando una ‘montagnetta’ al centro. Questa è piccolo all'inizio, ma cresce man mano che la cottura continua. 
L’impasto fluido allontana l’umidità prima di prendere troppo colore. 
Nelle torte più grandi la crosticina superiore ci mette più tempo a formarsi in quanto in questi casi, il forno è più freddo (per consentire una più uniforme cottura ed evitare che si bruci la parte esterna prima che l'interno sia cotto). Anche l'umidità nel forno è più elevato (ad esempio, quando il forno è pieno di prodotti), e poiché dolci più grandi contengono in genere una proporzione più alta di uova rispetto a quella di latte, essi cedono la loro umidità più lentamente. Le uova coagulano al punto di ebollizione dell'acqua e mantengono una buona dose di acqua che altrimenti verrebbe eliminata sotto forma di vapore. 
Se la ricetta è correttamente bilanciata, l’eruzione attraverso la parte superiore centrale è meno pronunciata. 
La temperatura alla quale la struttura viene fissata dipende dalla concentrazione di saccarosio nell’impasto. Più alta è la concentrazione di saccarosio, maggiore è la temperatura di gelatinizzazione e più a lungo l’impasto rimane fluido durante cottura. 
Per verificare se un dolce è cotto occorre premere leggermente il centro della superficie della torta. Se la superficie premuta balza indietro, ciò dimostra che l’impasto è cotto. 

Di seguito la versione originale in inglese:

10.30 What happens to the batter when cakes enter the oven and how can you tell when a cake is baked?

Converting a fluid batter to the desired eating characteristics in the end product is the result of getting both the temperature and timings correct during baking.
The ‘foam’ structure (discrete cells) of the batter is converted to a ‘sponge’ structure (inter-connected cells) in the baked product. Baking is a process of heat gain and moisture loss.
Even before the cake enters the oven, the condition of the oven is important.Any build-up of ‘flash’ heat should be dissipated so that the cake receives aneven bake. Once the cake is in the oven, the heat starts to melt the fats. This first occurs on the outside of the cake and gradually extends to the inner portions. At the same time the air cells begin to expand and if raising agents are present carbon dioxide is released to inflate the cells. This begins slowly at first from the outside and gradually extends to the interior of the batter. The temperature of the cake continues to rise and some of the starch cells are gelatinised while the cake is still in a molten state.
The cake continues to rise until the structure is set by the gelatinising starch and the outside of the cake colours to give a cake of the required size and appearance. 
The continued expansion of the cells along with the gelatinisation of the starch causes the foam cells of the batter to become ruptured to form the inter-connected cells of the final structure.If the cakes are small and the oven is hot, a skin forms quickly on the top and rapidly colours as the moisture in the vicinity of the surface is converted to steam, leaving the sugary portion of the batter to reach a temperature where the sugars caramelise. 
Although this skin forms quickly it will not have sufficient strength to prevent the interior of cake expanding (especially where there is a high proportion of baking powder).
The pressure eventually exceeds the strength of the top. The top is the weakest portion of the cake as the sides and bottom are often supported by the tin or hoop. The batter forces its way through the forming crust and a rounded or bold head is formed. This is small at first but grows as baking continues. The fluid batter has moisture driven off before it too takes on colour.
In larger cakes the top skin takes longer to form as in these cases the oven is cooler (to allow for a more even bake and to prevent the outside being burnt before the inside is baked). Also the humidity in the oven is higher (e.g. when the oven is full of products), and because larger cakes usually contain a higher proportion of eggs than milk they give up their moisture at a lower rate. Eggs coagulate at the boiling point of water and retain a good deal of the water that would otherwise have been driven off as steam. If the recipe is correctly balanced, the bursting through the centre top is less pronounced.
The temperature at which the structure is set depends on the sucrose concentration in the batter. The higher the sucrose concentration, the higher the gelatinisation temperature and the longer the batter will remain fluid during baking. To test whether a cake is baked the centre surface is lightly pressed. If the surface just springs back it shows that the centre of the batter (the last portion to set) is baked.

venerdì 3 febbraio 2012

Perchè San Biagio è legato dalla tradizione al panettone?



Il panettone è il dolce natalizio per eccellenza dei Milanesi. Non conosco un milanese che non ne mangi almeno una fettina.
E per San Biagio la tradizione vuole che si acquistino 2 panettoni al prezzo di uno.
Ma, perchè?
Non si deve pensare che questo avvenga perchè vengono svenduti, bensì per una tradizione che mi raccontava mio nonno quando ero piccola.
Il giorno di San Biagio è usanza mangiare una fetta di panettone.
Ma che c'entra San Biagio, visto che lui era armeno e non certo milanese?
Biagio è stato un medico fino a quando i suoi concittadini non lo vollero vescovo.
La "Legenda Aurea" (la collezione che raccoglie la vita dei Santi) narra che un giorno una madre disperata ando' al cospetto del vescovo chiedendo aiuto per il figlio, che a seguito di una lisca di pesce conficcata in gola, stava soffocando.
Il vescovo corse al capezzale del ragazzo, e gli  fece inghiottire un tozzo di pane che benedisse facendovi sopra il segno della croce. La mollica porto' via la lisca, salvando il ragazzo.
Biagio utilizzo' le sue conoscenze di medico per salvare il giovane, ma il pane benedetto fece pensare alla madre del ragazzo che fosse avvenuto un miracolo, riferendolo a chiunque incontrasse.
Purtroppo questa notizia non piacque ad Agricola, il prefetto di Diocleziano, che lo fece scorticare e poi decapitare.
Biagio divento' martire e poi santo, protettore della gola.
Ma da un pezzo di pane ad una fetta di panettone ce ne passa, no?
La storia prosegue......
...qualche secolo dopo...
Una donna porta ad un frate, di nome Desiderio, un panettone che ha preparato per farlo benedire per le feste natalizie. Il frate è molto occupato e le dice di lasciarlo e di ripassare dopo qualche giorno.
I giorni passano e la donna non torna. Pensando che se ne sia dimenticata, il frate ne mangia un po' ogni giorno. La donna torna dal frate il 3 febbraio a reclamare il suo panettone benedetto, ma il frate sa che sono avanzate solo le briciole!
Cerca l'involucro del panettone e .... miracolo!!! Il panettone è lì, tutto intero. Merito di San Biagio!!!
Da allora si conserva (o si compra) del panettone da mangiare il giorno di S. Biagio per proteggere la gola dai malanni.

E con l'avanzo di panettone, dei buonissimi tartufi al cioccolato.

domenica 30 ottobre 2011

La zucca - qualche informazione

Il termine zucca deriva, secondo il dizionario Zanichelli, dal latino “cocutia”, cioè testa, poi trasformato col tempo in “cocuzza”, “cozuccae” e infine, nell’odierno zucca.

martedì 29 marzo 2011

Pastiera napoletana: storia, origini, leggenda e curiosità



STORIA DELLA PASTIERA
Si racconta che Maria Teresa D'Austria, consorte del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".


ORIGINI DELLA PASTIERA


La pastiera, forse, sia pure in forma rudimentale, accompagnò le feste pagane celebranti il ritorno della primavera, durante le quali le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l'uovo, simbolo di vita nascente. Per il grano o il farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe derivare dal pane di farro delle nozze romane, dette appunto " confarratio ". Un'altra ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all'epoca di Costantino il Grande, derivate dall'offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.

Nell'attuale versione, fu inventata probabilmente nella pace segreta di un monastero dimenticato napoletano. Un'ignota suora volle che in quel dolce, simbologia della Resurrezione, si unisse il profumo dei fiori dell'arancio del giardino conventuale. Alla bianca ricotta mescolò una manciata di grano, che, sepolto nella bruna terra, germoglia e risorge splendente come oro, aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, l'acqua di mille fiori odorosa come la prima vera, il cedro e le aromatiche spezie venute dall'Asia.

È certo che le suore dell'antichissimo convento di San Gregorio Armeno erano reputate maestre nella complessa manipolazione della pastiera, e nel periodo pasquale ne confezionavano in gran numero per le mense delle dimore patrizie e della ricca borghesia.

Ogni brava massaia napoletana si ritiene detentrice dell'autentica, o della migliore, ricetta della pastiera. Ci sono, diciamo, due scuole: la più antica insegna a mescolare alla ricotta semplici uova sbattute; la seconda, decisamente innovatrice, raccomanda di mescolarvi una densa crema pasticciera che la rende più leggera e morbida, innovazione dovuta al dolciere-lattaio Starace con bottega in un angolo della Piazza Municipio non più esistente.

La pastiera va confezionata con un certo anticipo, non oltre il Giovedì o il Venerdì Santo, per dare agio a tutti gli aromi di cui è intrisa di bene amaIgamarsi in un unico e inconfondibile sapore. Appositi "ruoti" di ferro stagnato sono destinati a contenere la pastiera, che in essi viene venduta e anche servita, poiché è assai fragile e a sformarla si rischia di spappolarla irrimediabilmente.



LA LEGGENDA DELLA PASTIERA


Ancora più leggendaria e mitologica la storia della sirena Partenope che incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d'amore e di gioia.





Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d'amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero.



Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l'acqua di fiori d'arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l'ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l'universo.



La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.

tratto da: pastiera.it


E per curiosità:


Il "ruoto" per la Pastiera


E' una teglia tonda, con i bordi lisci e leggermente svasati. Oggi in commercio se ne trovano di alluminio leggerissimo, che se non state attente, tagliate insieme alla fetta di pastiera.

Sono "ruoti" alti sui 3-4 cm al max 5, invece quelli di una volta erano alti 10 cm, dal che si deduce che oggi la pastiera è la metà esatta di quella tradizionale che si faceva una volta .

Il primo nella foto è "antico" alto 10 cm, l'altra con un coltello dentro per farvi rendere conto della grandezza, Nella terza foto quelli che si trovano in commercio oggi.

Notate quante misure ce ne sono oggi a differenza di prima che era unica





tratto da universocucina.com


Se volete leggere la mia ricetta passo passo, cliccate
 QUI

giovedì 1 aprile 2010

Come è nata la Saint Honorè?

Origini:
Questa torta deve il suo nome a Sant'Onorato (Honorè), monaco benedettino vescovo di Amiens, nonchè patrono dei pasticceri. La ricetta si deve a un pasticcere di nome Chiboust che aveva bottega proprio in rue Saint-honorè a Parigi e che la inventò a metà del 1800.Alla prima versione della celebre torta contribuirono in modo determinante anche Auguste Julien e un certo Fauvel, entrambi collaboratori del pasticcere parigino. Il primo avrebbe messo a punto la ricetta ricordando una torta da lui vista a Bordeaux, al secondo è attribuita la scoperta di un nuovo tipo di pasta per dolci, detta “genoise”. Mettendo insieme le loro esperienze, venne realizzata una base di pasta biscotto su cui era appoggiato un bordo di pasta da choux, mentre l’interno fu riempito con una crema pasticcera resa più densa dall’aggiunta di albumi montati a neve: la crema Chiboust, appunto. Perché la Saint-Honoré assumesse il suo aspetto attuale, ossia contornata da una corona di bignè, bisogna però aspettare l’invenzione della tasca.
È solo grazie a questo strumento che si riuscì a riempire di crema i piccoli bignè caramellati che rendono il dolce così apprezzato, grazie al suo aspetto decorativo, adatto per festeggiare nozze e anniversari.

tratto da lacucinaitaliana.it
Se volete, qui la mia ricetta per una Saint Honorè senza lattosio.
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